Ogni volta quando riparto...
Rileggendo questa poesia con occhio critico, mi accorgo di come ogni verso rifletta una tensione intima e viscerale, un confronto tra l’anima e le radici che definiscono chi sono. Ho voluto esplorare il concetto di appartenenza, non come idea astratta ma come legame tangibile, quasi corporeo, tra la mia identità e la terra che lascio. È la pelle, infatti, a "sentire" quel contatto con la terra, a ricordarmi che le mie origini sono una parte viva e persistente di me.
Dal punto di vista stilistico, mi sono lasciato guidare dalle immagini arcaiche di pastori e contadini, elementi che per me incarnano una Calabria ancestrale, quella che mi ha cresciuto. Ogni immagine si collega non solo alla memoria personale, ma anche a una memoria collettiva, come se queste voci e queste rughe fossero parte di una storia universale.
Forse è proprio qui che si trova la forza della poesia: nel bilanciare il particolare e l’universale, nel trasformare una ferita personale in un’esperienza condivisibile, rendendo il lettore partecipe del mio strappo interiore. Scrivendo, ho cercato di portare chi legge a sentire quell’“argilla di Dio”, quella terra che accoglie e trattiene, a vivere l’attesa paziente e immutabile di chi resta.
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